Monastero di San Gregorio Armeno, tra arte e religione In evidenza

… Eppure, quando mi sorprendo a sognare,

sapete quale aspirazione trovo nel fondo della mia anima,

qual è l’immagine nella quale essa si bagna e si riposa?

Un convento seicentesco napoletano,

con le sue bianche celle e il suo chiostro,

che ha nel mezzo un recinto di aranci e di limoni,

e, fuori, il tumulto della vita fastosa e superba

che batte invano alle sue alte muraglie.

BENEDETTO CROCE

 

Guida in italiano del Chiostro

English Brochure of the Cloister

Il Monastero di San Gregorio Armeno

Quando dalla piazza di San Gaetano del centro storico di Napoli, ci si affaccia su via San Gregorio Armeno, la famosa strada degli artigiani di pastori, anticamente detta di San Ligorio o San Liguoro, svoltando sul primo vico sulla destra, vico Maffei, ci si trova di fronte ad uno dei monasteri più antichi e sorprendenti della città partenopea: il Monastero di San Gregorio Armeno.

Tempio di Cerere - Scrittori antichi e moderni collocano l’antico Tempio pagano di Cerere, veneratissima nell’antica Neapolis, proprio in questo monastero.

Roberto Pane, nel suo “Il Monastero napoletano di S. Gregorio Armeno”, racconta che il poeta latino Stazio, nato a Napoli nel 49 d. C. fu il Sommo Sacerdote di questo tempio, come egli stesso ricorda nelle sue Silvae, dove afferma anche che le divinità principali in questa zona erano tre, come erano i decumani. Se i Dioscuri avevano il loro tempio nel Decumano Maior, ora Chiesa di San Paolo, Apollo ebbe il suo tempio nel Decumano Superior, ora Chiesa di San Lorenzo, mentre Cerere nel Decumano Inferior. D’altronde la presenza del muro di età imperiale che corre lungo il vicolo di S. Luciella, in opera reticolare di tufo e mattoni, ora completamente ricoperto di intonaco, avvalora questa ipotesi. Va anche ricordato che all’intero del chiostro di San Gregorio, sono visibili non solo numerosi capitelli che con ogni probabilità appartennero al tempio romano, demolito poi nel rifacimento cinquecentesco, ma anche diversi mortai di marmo bianco che furono ottenuti riscalpellando altrettanti capitelli corinzi. Tuttavia il frammento che con più certezza rimanda al culto di Cerere è un bassorilievo murato posto all’ingresso di una bottega, alla via San Gregorio n. 14, che mostra scolpita sulla faccia anteriore di un blocco di piperno, la figura di una canefora con la fiaccola  ed il canestro.

Le Suore Basiliane e l'arrivo della reliquia di San Gregorio Armeno - In ogni caso da un “Breve Compendio” scritto da Fulvia Caracciolo, una monaca benedettina che visse a San Gregorio dal 1541, emerge una fondamentale testimonianza storica sull’origine del monastero. Secondo Fulvia, un gruppo di monache dell’ordine di San Basilio, fuggite da Costantinopoli, dopo il 726, a causa della persecuzione iconoclasta, dell’Imperatore Leone III, detto l’Isaurico, giunsero a Napoli e si rifugiarono nella diaconia di San Gennaro all’Olmo. Successivamente, nell’835, con l’appoggio del vescovo-duca Stefano II, fondarono un monastero intitolato al Vescovo di Armenia, la cui reliquia del cranio, avevano portato con loro nella fuga.  La presenza delle monache basiliane favorì a Napoli la diffusione della lingua greca. Parte essenziale del loro culto fu il canto di solenni inni sacri, sia nelle chiese sia durante le processioni, una delle caratteristiche più originali del Cristianesimo orientale.

Il passaggio alla regola benedettina - Anche se non è sicuro, come scrive Fulvia, che il monastero sorse nell’835, è invece certo che nel 1025, un decreto del duca di Napoli, Sergio, dispose di unire le quattro cappelle dei santi Salvatore, Gregorio, Sebastiano e Pantaleone, le cui strutture furono collegate attraverso un cavalcavia ancora oggi esistente. Il nuovo monastero abbracciò la regola benedettina e accolse le fanciulle delle famiglie nobili della città.

Sempre dalle memorie di Fulvia si ha una descrizione delle usanze bizantine del monastero, prima che il Concilio di Trento imponesse la clausura. Il monastero era un agglomerato di più case, circondate da un muro. Ogni casa aveva più camere, cucina e cantina con altre comodità e gni monaca possedeva la sua, che nel monacarsi, o comprava dal monastero (se ce n’erano libere), o faceva fabbricare a proprie spese. Le monache vestivano di bianco con tuniche a forma di sacco, e sul capo portavano una legatura greca e avevano la possibilità di ricevere licenze per uscire dal monastero o per ricevere all’ interno di esso parenti o altre donne di servizio e per compagnia.

Il Concilio di Trento - Questa pratica iniziò ad affievolirsi nel 1554 con la Badessa Galeota, fino ad essere del tutto abolita dal Concilio di Trento che, nel 1563, impose la clausura e la vita in comune.

Nell’ottobre 1568, dovendo le suore di S. Marcellino ricostruire il loro chiostro (su disegno dello stesso architetto Vincenzo della Monica, che qualche anno dopo, rifece anche quello di San Gregorio), si divisero per vari monasteri e 12 vennero accolte dalle monache di S. Ligorio.

Nel 1569, il Cardinale Arcivescovo Alfonso Carafa intimò anche alle suore di San Gregorio Armeno la clausura e queste l’abbracciarono il 27 dicembre 1570 quando la Badessa Giulia Caracciolo professò, per la prima volta, i voti solenni. In quel periodo le suore cambiarono l’abito da bianco in nero.

Le suore abitarono il vecchio fabbricato fino al 1572, quando la Badessa Lucrezia Caracciolo inaugurò il cambiamento, affidando la costruzione del nuovo monastero all’architetto Vincenzo della Monica, che la completò nel 1577 nella forma che oggi conosciamo.

Poiché le suore mal volentieri volevano lasciare le loro privati abitazioni, la Badessa diede l’esempio diroccando la sua con le sue proprie mani. Fu proprio in quel tempo che la famosa Fulvia Caracciolo, nipote di Lucrezia, scrisse la cronaca del monastero e contribuì con la zia a seguire i lavori, basati sul disegno di Giovan Battista Cavagni, del nuovo monastero, che fu dedicato a San Gregorio Armeno, dal Beato Paolo D’Arezzo, Cardinale Arcivescovo di Napoli.

Il nuovo regime monastico non fu accettato da tutte le suore, ben 17 monache lasciarono il convento.

L'arrivo delle reliquie di San Giovanni Battista e di S. Patrizia - Nel 1576, soppresso il monastero di S. Arcangelo a Bajano, sei monache di esso si unirono a quelle di S. Gregorio, recando con loro una delle due ampolle del sangue di S. Giovan Battista. Nella prima metà del VI secolo, vi si recarono pure le suore di Donnaromita, portandovi l’altra ampolla del sangue di S. Giovanni. Finalmente nel 1864 si unirono anche le suore di S. Patrizia, portando il corpo e il sangue di questa Santa, il corpo della Beata Aglaia e il sacro chiodo di Cristo.

Leggi storia di S. Patrizia

Finalmente, nell'ottobre 1577 il chiostro si compiva nelle forme che oggi ammiriamo. La nuova struttura era costituita da stanze affacciate su una loggia prospiciente il chiostro, il tutto recintato da un alto muraglione e da inferriate; la chiesa dal centro del monastero fu spostata ed ebbe una apertura esterna per consentire alla gente di partecipare alle funzioni religiose mentre le monache potevano assistere, nascoste dietro grate poste su uno dei corridoi o dal coro che affacciava sulla chiesa.

Le Suore Crocifisse Adoratrici dell'Eucaristia - Nel 1922 l’ultima Badessa benedettina, Giulia Caravita dei principi di Sirignano, ex educanda, assicurò la sopravvivenza del monastero affidandolo alle Suore Crocifisse Adoratrici dell’Eucaristia, che furono accolte in San Gregorio Armeno il 4 dicembre 1922 alle ore 8, con una celebrazione presieduta da Sua Eccellenza Monsignor Zezza. Da un documento conservato nell'Archivio Storico Diocesano di Napoli (Diario n. 26, anno 1922) leggiamo: "Anno 1922, 4 Dicembre. Possesso delle Suore di Maria Pia Notari in S. Gregorio Armeno. Alle ore 8 S. Eccellenza Mons. Zezza si è portato nella Chiesa di S. Liguori a celebrare Messa basso-pontificale, per la presa di possesso delle Suore. Dopo la Messa il Parroco di S. Giorgio a Cremano ha intonato il Te Deum ed ha impartito la Benedizione Eucaristica. Terminata la funzione S. Eccellenza accompagnato dal suo Segretario e dal 1° Cerimoniere è entrato nel monastero".

A tre anni dalla morte di Maria Pia della Croce Notari, fondatrice delle Suore Crocifisse Adoratrici dell’Eucaristia, si realizzava quel disegno divino che la madre aveva intravisto mentre, il 21 marzo 1886, era raccolta in preghiera proprio nella chiesa di quel monastero, per assistere al solenne pontificale che si faceva in onore di San Benedetto, essendo tenuta la chiesa, in quel tempo, dalle monache benedettine. Mentre pregava infatti, Maria Pia si sentì come rivestita interiormente della virtù del santo che sembrava volesse incitarla a continuare l’opera intrapresa.

Roberto Pane ne "Il monastero napoletano di S. Gregorio Armeno", ci riferisce che di benedettine ne era rimasta una sola, con tre anziane converse. Lo studioso, dai racconti e dai ricordi delle suore più anziane trasmesse poi alle più giovani, ha ricostruito alcune notizie in merito al periodo del passaggio. Le anziane benedettine accolsero bene le giovani suore che portarono nuova vitalità nelle mura del chiostro. Le benedettine conducevano una vita più ritirata: ognuna era con la sua conversa e aveva la propria cucina. Le converse, in cambio del vitto, si occupavano delle varie commissioni e continuavano a fare dolci e a venderli. Dopo il 1922 tutte furono dispensate dalla clausura: l’ultima benedettina in San Gregorio Armeno fu Maria Peluso.

Il monastero è ancora oggi tenuto dalle Suore Crocifisse Adoratrici dell'Eucaristia, che vi svolgono diverse opere di apostolato.

Leggi la Storia dell'arrivo delle Suore Crocifisse nel Monastero di San Gregorio Armeno.

                                                                                                                                                                     Laura Ciotola

         

           

                                                        

 


Ultima modifica il Martedì, 14 Novembre 2023 10:17
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