Incontro 12 maggio 2018 presso il Monastero di San Gregorio Armeno

Il giorno 12, del mese di maggio, come concordato, noi ausiliarie eucaristiche, guidate da Suor Lucia Acampora, ci siamo riunite in San Gregorio Armeno per ascoltare la parola del Vangelo, proposta e commentata dal padre teatino Carmine Mazza.

Oggetto del nostro VI incontro è stato il passo di Marco (16,1-15) contemplante l’Ascensione al cielo di nostro signore Gesù:

“In quel tempo, [Gesù apparve agli Undici] e disse loro: Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo a ogni creatura. Chi crederà e sarà battezzato sarà salvato, ma chi non crederà sarà condannato. Questi saranno i segni che accompagneranno quelli che credono: nel mio nome scacceranno demòni, parleranno lingue nuove, prenderanno in mano serpenti e, se berranno qualche veleno, non recherà loro danno; imporranno le mani ai malati e questi guariranno».
Il Signore Gesù, dopo aver parlato con loro, fu elevato in cielo e sedette alla destra di Dio. 
Allora essi partirono e predicarono dappertutto, mentre il Signore agiva insieme con loro e confermava la Parola con i segni che la accompagnavano.

Tale brano, che chiude il Vangelo di Marco, in realtà è stato aggiunto successivamente, dalle comunità cristiane, a voler completare, dare un seguito, una svolta positiva allo scetticismo mostrato, inizialmente, dagli apostoli all’annuncio della resurrezione di Cristo, da parte sia delle donne, che avevano trovato il sepolcro vuoto e sia dei due discepoli che avevano incontrato il Maestro lungo la via di Emmaus.

Osserva padre Carmine, che, fino a quando Gesù risorto non apparve agli apostoli, investendoli della missione di portare il Vangelo nel mondo, essi non avevano ancora, fino in fondo, compreso il Suo messaggio, perché ancorati alla tradizione, cioè credevano ancora in Dio giudice, che premia i giusti e condanna i cattivi, frutto di un retaggio dottrinario trasmesso dagli autorevoli rappresentanti del Tempio.

Gli apostoli, infatti, dopo la morte di Gesù, continuavano la vita di prima, si riunivano in casa e il sabato, si recavano in sinagoga, perciò la loro concezione del mondo e della vita, la loro scala di valori, rimanevano inalterate. Umanamente avvertivano la Sua mancanza, ma con la mente e con l’azione erano restii ad accettare che Dio si era fatto uomo, si era mescolato fra loro, aveva condiviso il quotidiano, le gioie e le sofferenze, amandoli fino a donarsi totalmente e a farsi carico dei loro peccati, per salvarli indistintamente.

Solo la Sua resurrezione cambia la prospettiva: un uomo era riuscito a sconfiggere, ad annullare la morte, e ad unirsi all’Eterno, manifestando così la sua appartenenza e al tempo stesso la sua essenza divina!

Finalmente gli apostoli scoprono il volto della Misericordia, “vedono” che Dio chiama ogni uomo a partecipare del suo Amore, a gioirne fino a diventare tutt’uno con Lui, e a partire subito da questa vita, da ciò che conosciamo e che ci circonda. E c’è solo un modo perché questo avvenga, amare il prossimo, considerandolo fratello e abbattendo in tal modo, barriere, confini, limiti, imposti esclusivamente dal nostro io.

E’ questa la premessa, la “conditio sine qua non”, che sottende nel brano il discorso rivolto agli apostoli e culminante nell’Ascensione: Gesù sale al cielo, si unisce cioè al Padre per essere presente, non più in maniera tangibile, come durante la sua vita in questo mondo, ma diversa e ancora più profonda. Si cala nel nostro intimo, parlandoci ogni volta che gli facciamo spazio, accompagnandoci e guidandoci nel nostro cammino ogni volta che ci smarriamo, cadiamo, chiediamo aiuto e ci affidiamo a Lui nel buio del dolore.

E nella sua infinita bontà Gesù rinnova incessantemente il suo amore e il dono di sé attraverso la Chiesa, i credenti che testimoniano l’Annuncio con la vita, l’esempio e con i segni che durante l’esistenza li accompagneranno e Padre Carmine li esplicita, sottolineandone soprattutto la portata simbolica, cioè l’ “essenza”

Attraverso il battesimo, ossia la rinuncia al male, “scacciare i demoni” equivale a rifiutare il male operando il bene, mentre il “prendere i serpenti con la mano” indica la forza da mostrare, non limitandosi ad ignorare, o a girarsi dall’altra parte, ma lottando, impegnandosi ad affrontare le seduzioni del mondo e volgendo lo sguardo, sostenendo in particolare i più “deboli”.

Infine “il bere veleno”, ossia il coinvolgimento in situazioni pericolose non avrà conseguenze sul credente se ha Dio nel cuore, lo ascolta e lo segue, così come “l’imporre le mani” evidenzia il bene che avvertono coloro che soffrono   se avranno vicini chi   si fa messaggero dell’amore divino.

“Tutto questo”, ha concluso il padre, “non avviene in maniera leggera, richiede, implica pazienza, umiltà e anche sofferenza, perché il Vangelo è parola forte, è un fuoco tanto più ardente, quanto più purifica, è la Spada che trafigge, come dice la profezia a Maria. Ma come la donna che soffre nel partorire, e subito ne dimentica i dolori nel vedere e nello stringere con gioia a sè il figlio appena nato, così l’uomo accetta, accoglie la croce se con il cuore “sente” che nel cammino questa annulla la sua distanza da Dio, unica fonte di felicità perenne".

Al commento è seguito un confronto fra noi sul senso del messaggio del passo evangelico e di come esso venga recepito all’interno della comunità cristiana attuale. Prima di congedarci, abbiamo espresso la nostra gratitudine a suor Lucia, per averci dato l’occasione di partecipare, di formare un   gruppo relazionale e Padre Carmine per la disponibilità a farci crescere spiritualmente, nutrendoci della sua attenta, profonda e accurata esegesi della Parola.

 

San Gregorio Armeno, 12 maggio 2018                                                                Grazia Di Paola, Ausiliaria Eucaristica


Ultima modifica il Martedì, 03 Luglio 2018 14:15
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