Famiglia laica (11)

Ritiro 11 marzo 2018 a Castel San Giorgio

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In questa IV domenica di Quaresima, noi Ausiliari ci siamo riuniti a Castel San Giorgio, dove fortemente abbiamo sentito l’acclamazione “Laetare” che significa “Rallegrati”. Veramente noi abbiamo provato letizia e gioia per questo incontro spirituale caduto in una splendida giornata primaverile. Abbiamo esultato anche per la magnifica catechesi che ha fatto don Pino Giordano, nostro Assistente spirituale, che ci ha parlato del dialogo tra Gesù e il capo dei farisei, Nicodemo, che spinto dalla curiosità di scoprire chi fosse quest’uomo enigmatico, si recò di notte nella grotta degli apostoli situata nel Getsemani.

La liturgia del giorno ci ha rivolto un invito a stare nella luce e ad aprire il nostro cuore all’ascolto della Parola, perché essa ci possa illuminare e riscaldare, come la giornata bella, piena di sole che Dio ci ha donato.

Dobbiamo ascoltare Gesù apertamente e non come fa Nicodemo che incontra Gesù di notte, per prudenza, per non compromettersi con gli altri farisei. Nicodemo trova difficoltà a capire Gesù, ma Egli dialoga con lui, usando l’immagine della Croce, partendo dall’A.T. al cap. 21 dei Numeri (Num. 21, 4-9). In esso si legge che il popolo d’Israele si trovava nel deserto, non aveva da mangiare e Dio mandò la manna, poi le quaglie e, tramite il bastone di Mosè, fece scaturire l’acqua dalla roccia. Nel deserto ancora un male si presentò per gli israeliti, che furono morsi da serpenti velenosi, ma vennero salvati credendo alla Parola di Dio che invitò Mosè a fabbricare un serpente di ferro e a porlo su un’asta. Credendo alla Parola e osservando il serpente, venivano salvati. L’immagine del serpente sull’asta simboleggia l’albero della Croce che attira i fedeli. Ci fu l’albero del peccato di Adamo e di Eva nella Genesi, il primo libro dell’A.T. e nell’ultimo, l’Apocalisse c’è un altro albero che produce 12 raccolti all’anno, pieno di vita e sempre verdeggiante e l’Agnello trionfa in mezzo. Fra questi due alberi dell’inizio e la fine della Bibbia c’è l’albero della Croce che porta alla salvezza. Dio ha mandato il Figlio incarnato, che si è caricato dei peccati del mondo, per la salvezza dell’umanità redenta, a cui dà la vita eterna. Dalla Croce partono raggi di luce che inondano il mondo. Nicodemo, esperto di Sacra Scrittura, ottiene anch’egli la luce per passare da una fede intellettuale ad una conoscenza vera e concreta in Gesù, Figlio di Dio. Il serpente che aveva tentato Eva e Adamo, causando una rottura tra loro e Dio, si annida nel nostro cuore, quando non amiamo e non perdoniamo. Gesù dalla Croce attira tutti a Lui e ci chiama a partecipare al suo sacerdozio con la certezza che è risorto e ha trasformato la Croce in albero della vita: per crucem ad lucem.

Infine abbiamo fatto l’Adorazione della Croce, meditando sulle sette parole dette da Gesù mentre era crocifisso:

I Parola - il Perdono «Padre perdona loro perché non sanno quello che fanno»

II Parola - «Oggi sarai con me in Paradiso»

III Parola - «Donna ecco tuo figlio»

IV Parola - «Dio mio perché mi hai abbandonato?»

V Parola - «Ho sete» (ma Egli diventa sorgente d’acqua viva da cui attingere come la Samaritana)

VI Parola - «Tutto è compiuto»

VII Parola - «Padre nelle tue mani consegno il mio spirito»

Castel san Giorgio, 11 marzo 2018

                                                                                               Maria Teresa Villani, Ausiliaria Eucaristica

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Incontro degli Ausiliari Eucaristici a Napoli: 21 maggio 2017

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Incontro 21 maggio 2017 presso il Monastero di San Gregorio Armeno

Il 21 maggio 2016, noi Ausilairi Eucaristici ci siamo incontrati nuovamente presso il Monastero di San Gregorio Armeno.

L'incontro, guidato da Padre Carmine Mazza, ha avuto come tema di riflessione e di dibattito il discorso di Gesù durante l’Ultima Cena (Gv 16, 12 -15): un passo che è, al tempo stesso, di chiusura e di apertura; di chiusura perché Gesù di li a poco sarà condannato a morte, di apertura perché prepara quella che dovrà essere la vita per ogni uomo, a cui dà il Suo insegnamento.

Le parole di Gesù sono rassicuranti, gli apostoli non rimarranno soli: lo Spirito Santo, il Paraclito li sosterrà lungo il resto del loro cammino, cammino che essi faranno liberamente, secondo la propria specificità.

Padre Carmine ha sottolineato questo punto: non dobbiamo pensare ad un abbandono passivo alla volontà del Signore, Gesù ci indica la direzione per arrivare alla Verità, ma noi, in ogni momento, siamo liberi di sperimentare la solidità del Suo Annuncio.

Gesù inizia il suo discorso agli Apostoli affermando di avere ancora molte cose da dire, ma le rimanda perché essi non sono ancora in grado di afferrarne completamente il senso e il peso: è un’ulteriore prova di amore, aspettare che la persona amata si renda conto di ciò che avviene in essa e attorno ad essa e scelga di conseguenza che direzione dare alla propria vita.

Ognuno di noi infatti ha sperimentato come la comprensione del reale si allarghi man mano che si procede nel cammino, e più avanziamo e più ci avviciniamo alla verità, se riusciamo a dare ad ogni cosa il suo nome, a definirla nel suo vero significato.

In siffatta ottica va considerato il progetto del cristiano, la sua “vocazione”: appropriarsi di ciò che fa parte della sua natura, di ciò che gli è congeniale, di ciò che lo avvicina a Dio fino a diventare Sua Immagine.

E questo appropriarsi della realtà più profonda di noi stessi, avviene solo se guardiamo costantemente a Gesù, in modo che anche gli errori saranno ammissibili allorchè, riconoscendoli come tali, compiamo un ulteriore passo verso Dio.

La seconda parte del dibattito si è incentrata sulla domanda: come può l’uomo avvicinarsi a Dio fino a diventare tutt’uno con Lui? Quale mezzo a ha a sua disposizione per incontrare Dio?

Padre Carmine ha sollevato questa riflessione, invitandoci ad osservare il modo d'agire dell’uomo contemporaneo: ne viene fuori un uomo che aspira a possedere sempre di più, ma inesorabilmente solo, perché incapace di donarsi, cioè di amare.
La gioia consiste quindi nel donarsi, nella capacità di relazionarsi agli altri.

E l’esempio di relazione ci viene proprio dall’alto, da quello che è il mistero più profondo, la Trinità. Infatti Dio Creatore, Principio non generato, è Padre; Dio Redentore Misericordia è Persona-Figlio venuto a salvarci; Dio Consolatore w Soccorritore è Spirito, rimanendo sempre nel cuore dell’uomo.

Ancora una volta e a conclusione dell’incontro, Padre Carmine ci ha invitati a meditare sull’unica via che può portare alla salvezza l’uomo, la contemplazione di questo grandissimo mistero con un atteggiamento di fiducia e con animo paziente, generatore di speranza: “La via del bene ha un nome: si chiama Amore; in esso si può trovare la chiave di ogni speranza perché l’amore vero ha la radice in Dio stesso”. - (Beato Giovanni Paolo II)

                   Grazia Di Paola, Ausiliaria Eucaristica

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Incontro degli Ausiliari Eucaristici a Napoli: 17 giugno 2017

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Incontro 17 giugno 2017 presso il Monastero di San Gregorio Armeno

Sabato 17 giugno 2017 si è tenuto in San Gregorio Armeno l’ultimo incontro dell’anno di noi Ausiliari Eucaristici, guidato da Padre Carmine Mazza che ci ha proposto, a chiusura della nostra catechesi, il passo del Vangelo che celebra la solennità del Corpus Domini ( Gv 6, 51-58):

"In quel tempo, Gesù disse alla folla: «Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo». Allora i Giudei si misero a discutere aspramente fra loro: «Come può costui darci la sua carne da mangiare?».

Gesù disse loro: «In verità, in verità io vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avete in voi la vita. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno. Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui. Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia me vivrà per me. Questo è il pane disceso dal cielo; non è come quello che mangiarono i padri e morirono. Chi mangia questo pane vivrà in eterno»"

Giovanni dedica un intero capitolo all’Eucarestia, ma non lo tratta come gli altri Evangelisti, che pongono il discorso di Gesù subito dopo la lavanda dei piedi. L’apostolo infatti chiude il racconto dell’Ultima Cena con  la descrizione della lavanda dei piedi, a voler significare che essa  ha la stessa  valenza e importanza dell’Eucarestia: chi segue Gesù guarda alla vita spirituale come servizio.

Giovanni esamina, a fondo la funzione e il valore dell’Eucarestia: già precedentemente, con il miracolo della moltiplicazione dei pani, aveva introdotto il discorso sull’importanza del pane come cibo necessario alla vita dell’uomo. C’è un filo, un nesso che sottende gli episodi narrati e quel filo è la fede in Gesù, che è capace di trasformarci, attraverso il nutrimento del Suo cibo, come lo stesso Gesù afferma pubblicamente nella Sinagoga a Cafarnao.

Si chiude così un discorso che era cominciato sulla montagna dove Gesù aveva indicato le beatitudini che consentono di far parte del Regno del Padre.

Il pane è, dunque, il corpo di Dio, e non quello che gli Ebrei mangiarono al tempo di Mosè che li aveva condotti nel deserto, luogo prescelto come la montagna, per fare silenzio, allontanarsi dalla mondanità e ascoltare la voce di Dio, che proprio in quel luogo aveva soccorso, ancora una volta, il suo popolo, sfamandolo con un pane essenziale, necessario ad un corpo sfinito e logorato.

 Il pane di cui parla Gesù invece, in questo passo del Vangelo è diverso: è sceso anch’esso dal cielo  ma è sovra-sostanziale, è Verbo fatto carne,  senza Esso l’uomo è avvolto dalle tenebre e si  priva della Vita eterna. Proprio per questo, Dio nella sua infinita Misericordia, ha permesso che questo pane continui a far parte della nostra vita, che sia nostro nutrimento quotidiano attraverso l’Eucarestia.

L’origine del culto eucaristico, invero risale al Medioevo: la sua diffusione si deve in particolar modo   alle preghiere, all’azione fervente della promotrice e sostenitrice dell’Adorazione Eucaristica, Suor Giuliana di Cornillon.

 Fu poi Papa Urbano IV che ne istituì il Sacramento, estendendolo a tutta la comunità ecclesiale e dando il compito, proprio qui a Napoli, a Tommaso d’Aquino di scrivere il contenuto connesso alla liturgia di tale solennità.

L’apice della sua diffusione ci fu nel ‘500, come risposta da parte della Chiesa Cattolica, all’indomani della riforma luterana, che riconosceva solo il Sacramento del Battesimo, riducendo gli altri Sacramenti ad eventi sì edificanti, ma sempre testimonianze-ricordo della religione cristiana. L’Eucarestia diventava quindi per i protestanti la cena, durante la quale si ricordava che Gesù  aveva spezzato il pane, dandolo ai discepoli.

 Roma, dunque, dovette ribadire che l’Eucarestia non è né un simbolo, né un’allegoria, ma una realtà: durante la messa si  perpetua il sacrifico di Gesù, il suo donarsi  quotidianamente e fattivamente ad ogni uomo, trasformando, sull’altare, il pane e il vino  nel Suo Corpo e nel Suo Sangue  e offrendolo  a chiunque voglia cibarsene.

Questa verità fu affermata non solo a livello dottrinale ma anche attraverso i sensi, ad esempio visivamente: tutte le chiese dovevano avere l’altare al centro e non, come avveniva precedentemente, nelle chiese gotiche, dove per chi vi entrava era nettamente visibile e distinguibile, rispetto agli altri elementi, il Coro. L’altare doveva essere preminente perché la Chiesa ha ragion d’essere se permane e si eterna il sacrificio reale di Gesù.

Si istituirono così anche le 40 ore di adorazione per mantenere vivo nel cristiano la presenza reale di Gesù nell’Eucarestia.

Nel corso del tempo, però, il culto non è stato sempre inteso nella sua giusta ottica: il pane va innanzitutto consumato, come indica Gesù, perché è il Suo Corpo e non va disgiunto dalla celebrazione della Messa e dalla confessione.

Anche Paolo Burali espresse il suo pensiero sul pericolo di fraintendere, travisare il valore dell’Eucarestia. Essa non va intesa, fondamentalmente, come contemplazione di un Mistero, Gesù ha manifestato la Sua Volontà chiaramente: vuole che mangiamo il Suo Corpo, perché anche noi possiamo trasformarci in Lui e formare e diventare, al suo banchetto, una sola Persona, la Sua.

Padre Carmine ci ha invitato non solo a riflettere, ma ad entrare, ogni volta nella Casa di tutti, sostando davanti all’altare, per avere fermo il convincimento che lì c’è  la presenza reale di Gesù.

 E ancora di tenere bene in mente la risposta che diede Pietro a Gesù, il quale vedendo che coloro che lo stavano ascoltando si allontanavano scandalizzati, chiese ai discepoli se anche loro volessero andare via e così: «Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna e noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Santo di Dio». (Gv 6,60-69).

 E ritornando alle parole di Gesù, Padre Carmine ci ha fatto notare che il tempo presente prevale su quelli futuri. Solo Egli riesce a soddisfare la nostra fame, a dare una risposta ai nostri inquietanti dubbi, nutrendoci del Suo Corpo durante la Messa, noi riusciamo ad avere Lui in noi e niente può farci male. Non dobbiamo cadere in falsi ragionamenti come il non accostarci all’altare perché ci sentiamo indegni. Gesù è venuto per tutti, soprattutto per i ”malati” nello spirito, per i peccatori: per primo ci ha teso la mano e noi non dobbiamo allontanarla, se grande è il  Suo Mistero tanto è più grande il Suo Amore che ci salva e ci santifica.

L’incontro si è concluso con delle considerazioni degli Ausiliari sulle attività dell’anno trascorso insieme.

Terminata la catechesi di quest’anno, ognuno di noi ha sentito il bisogno di esprimere cosa e quanto abbia appreso. Dal punto di vista della socialità abbiamo constatato che si è creato un affiatamento che man mano si è trasformato in amicizia, nonostante le personali differenze ed esigenze. E questo è stato possibile grazie alle lectio dei vari incontri e al dibattito che ne seguiva. Per dirla alla Padre Carmine, si è creata una relazione, che ha alla base la conoscenza e l’amore per Dio.

Tutto ciò costituisce un motivo in più per ringraziare Suor Lucia che ha voluto questi incontri, e li ha animati con la sua amabilità sensibilità e disponibilità e Padre Carmine, ministro di Dio, la cui mente e cuore procedono all’unisono e che riesce a trasmettere concetti e verità con una semplicità e con un’umiltà, che sono proprie dei grandi.

                             Grazia Di Paola, Ausiliaria Eucaristica

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